In breve
Le parolacce sono i palliativi verbali delle molteplici miserie e angosce che segnano l’umano arrancare. Con vivacità e ironia, il volume racconta la storia del colorito frasario volgare e mostra che il linguaggio basso e sprezzante, per la sua straordinaria potenza emotiva, esiste da sempre. Negli ultimi decenni, però, il turpiloquio ha infranto le barriere che ne regolavano la circolazione: non è più “una cosa da uomini” né una risorsa espressiva di uso marginale, ma è sconfinato dal privato al pubblico, nella fluviale comunicazione social e perfino nel dibattito politico. Ecco perché la nostra è stata definita «l’epoca d’oro dell’ingiuria».
Indice
Premessa. Come eravamo, come siamo
1. Modi ed esempi della violenza verbale
Le meglio vanno spesso coi peggio/I limiti del vocabolario/Lo zoccolo duro della volgarità linguistica /Antichità e diffusione delle parolacce/Vocabolario di base e turpiloquio obsoleto
2. Il sessismo del maschio primordiale
La prima parolaccia dell’italiano: puttana o putta?/Parolacce della lingua d’uso: mignotta e frocio/Misoginia e omofobia nelle parole di origine dialettale/Regresso della complessità e sviluppo del turpiloquio
3. Viaggio nell’inferno della lingua
Dante “padre della lingua italiana”/Una poesia che graffia e morde il reale/Lessico popolare e basso nella Commedia
4. La capitale italiana del turpiloquio
Il tristiloquium turpissimum di Roma/Parole e frasi. Il caso di «m. c.» e «s. c.»/Come si dice a Roma
5. L’irriverente sacralità del blasfemo
L’etimologia di bestemmia/Desacralizzazione e declino dei «moccoli»
6. La prevalenza del burino
Faziosità e creatività/Terroni, polentoni e compagnia bella/I burini, «orde di antropofagi»/Buzzurri, gente del Nord
7. Le parole volgari del GRADIT
Riferimenti bibliografici