In breve
I media partecipativi hanno cambiato le relazioni personali, i processi di socializzazione e quelli di opinion making e si sono rivelati strumenti utili alla mobilitazione e alla diffusione della democrazia all’interno di alcuni regimi, rendendo evanescente il concetto di sovranità territoriale. Blog e social network sono davvero in grado di migliorare la qualità del dibattito pubblico? Possono assicurare ai cittadini del villaggio globale una più incisiva partecipazione e l’esercizio di una vera libertà di scelta a fronte di un’effettiva trasparenza informativa? Il testo analizza lo sviluppo dell’opinione pubblica ieri e oggi in rapporto ai mass media che hanno caratterizzato le epoche storiche e alla luce dei più recenti cambiamenti in atto.
Indice
Recensioni
Tecnologie della comunicazione e rivoluzioni. Se le rivoluzioni liberal-costituzionali del Settecento risultano debitrici della circolazione di idee resa possibile dalla tecnica della stampa, con il conseguente florilegio di gazzette e pamphlet antimonarchici, le rivolte di queste settimane nel mondo arabo debbono qualcosa al mondo in continua evoluzione dei social network e dei blog. E rappresentano alcune delle prime testimonianze a tutto tondo della Blogdemocrazia, il fenomeno che dà il titolo a un recente libro di Paola Stringa (Carocci, pp. 162, euro 17,60), una rassegna assai completa del mondo dei media partecipativi e della loro capacità di incidere sul reale, dimostrando, contrariamente ai precetti di una certa vulgata neohegeliana sulla fine della Storia, che la sua sedicente “razionalità”, a volte, può anche venire buttata gambe all’aria. L’autrice, giornalista e addetta stampa, racconta i social network e l’avvento della “democrazia dei blog” come l’ultima tappa dell’evoluzione dell’opinione pubblica (l’habermasiana sfera pubblica), che oggi si esprime (anche) attraverso Facebook, i “cinguettii” di Twitter, il citizen journalism, MoveOn, i singoli blog che fanno tendenza e orientano, gli sms che veicolano idee e azioni. La politica della Rete, insomma, che ha fornito strumenti di mobilitazione in grado di sviluppare forme innovative di engagement; in primis nel mondo anglosassone, naturalmente, dove la sua influenza incide in maniera innegabile sull’incremento della partecipazione elettorale, ma anche in paesi assai più affetti dal digital divide come il nostro, in cui i “net-politicizzati” raggiungono comunque quasi un quarto (per la precisione il 22%) dell’utenza internettiana. Non a caso, i regimi autoritari e autocratici hanno trovato nel web – dalla Cina all’Iran a quella Cuba così chirurgicamente descritta nel suo inabissarsi dall’ormai famosissimo blog “Generation Y” di Yoani Sánchez – i bersagli delle loro più recenti misure liberticide nei media sociali e nel net-attivismo. Politica, certo, ma non solo in questa utile mappatura di un universo vasto come quello della blogosfera, dai fashion blogger intenti a far valere la loro visione della moda e del lifestyle al guerrilla e viral marketing, dal word of mouth al buzz marketing. D’altronde, nell’era informazionale, le nostre sono delle autentiche “democrazie semiotiche”, come le definisce il massmediologo John Fiske, dove persino le minacce più temibili al felpato e abbottonatissimo mondo della diplomazia provengono, non a caso, proprio da una manifestazione della Rete; do you know WikiLeaks
Un libro per chi non sa ancora cosa sia un blog. Ma un libro anche per chi invece lo sa. Per motivi diversi, ovviamente, ma, comunque, un libro per tutti. Perché conoscere e specialmente capire, cosa vi sia dietro un medium dalla globale capillarità e dalla estrema facilità di condivisione, vuol dire maturare una nuova coscienza nella consultazione dell’informazione via internet. E nel gergo di internet, un blog è un sito internet, solitamente gestito da una persona o da un ente, in cui l'autore pubblica, più o meno periodicamente, come in una sorta di diario online, i propri pensieri, opinioni, riflessioni, considerazioni ed altro, assieme, eventualmente, ad altre tipologie di materiale elettronico come immagini o video. Il termine blog è, infatti, la contrazione di web-log, ovvero "diario in rete". Ma può davvero un diario, anche se online, formare un’opinione pubblica? Paola Stringa ne è convinta. Perché i media partecipativi, come il blog appunto, che consentono a chiunque di diventare autore e di condividere con un pubblico potenzialmente planetario qualsiasi tipo di informazione, personale o meno, hanno cambiato le relazioni personali, i processi di socializzazione e quelli relativi alla formazione di un’opinione, un’idea, rivelandosi strumenti utili alla mobilitazione e alla diffusione della democrazia all’interno di alcuni regimi (come la cronaca recente ci ha fatto conoscere dalla Sira all’Egitto, dalla Libia alla Tunisia), rendendo evanescenti i concetti di censura e di sovranità territoriale. Ma blog e social network, come facebook o twitter, possono davvero migliorare la qualità del dibattito politico e assicurare ai cittadini del villaggio globale una più incisiva partecipazione e l’esercizio di una vera libertà di scelta a fronte di un’effettiva trasparenza informativa? Analizzando dell’opinione pubblica ieri e oggi in rapporto ai mass media che hanno caratterizzato le epoche storiche e alla luce dei più recenti cambiamenti in atto, il libro pone al centro la questione se si stia strutturando una coscienza collettiva o un gioco di relazioni più complesso. Perché, mentre dall’era dei telegiornali siamo giunti a quella del blog, inteso come barometro della realtà, i social network hanno dato una nuova modalità di partecipazione all’informazione e al fare informazione, se non addirittura fare politica. Ma in un mondo che democratizza la scrittura, la rende possibile a tutti e su tutti i contenuti, depauperandola magari di questi e rendendola non alfabetica (con quelle variazioni grafiche tipiche degli sms), la questione diviene, conseguentemente, quella della fiducia, ovvero dell’autorità di questo autore, più o meno improvvisato, e della veridicità, più che della verità spesso, dei suoi contenuti. Se tutti possiamo diventare giornalisti, attraverso il web partecipativo, è pur vero che democrazia, libertà, terrorismo e mistificazione viaggiano sullo stesso canale telematico.